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Phurpa, la recensione del concerto tenutosi sabato 28 ottobre presso BDC a Parma.


Eravate presenti al concerto dei Phurpa?

Ebbene,se la risposta è affermativa avete quindi lasciato da parte i ritornelli, dimenticato anche la forma canzone. Il sound che ha definito la performance  volge lo sguardo oltre il recinto delle consuetudini; a essere indagati, infatti, sono stati gli stilemi delle preghiere tradizionali buddiste, fortemente connessi alle radici del suono rituale.

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Ma ancor prima di parlare del live, recuperiamo qualche informazione sui Phurpa.

Già nel 1990 a Mosca Alexei Tegin, leader del gruppo, impostava le linee di demarcazione di un progetto predisposto per il recupero degli antichi costrutti egiziani, iraniani e tibetani; un percorso che troverà la propria definizione nei primi anni del nuovo secolo.

I Phurpa oggi sono un ensemble di artisti/musicisti le cui ricerche individuali sfociano all’interno delle liturgie Bon e Buddiste. Ne deriva un sound ricco e composito, orchestrato da una strumentazione i cui componenti sono in buona percentuale di natura organica. Si tenga presente che alcuni di questi sono ricavati da ossa umane, come il Kanling, un piffero ottenuto da una tibia, adoperato per evocare intenzioni precise rivolte alla preghiera. Oppure si faccia riferimento al Dung-chen, strumento a fiato in bronzo di grandi dimensioni (dai due ai tre metri), utilizzato sempre in coppia.

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Tutto chiaro?

A queste latitudini, la musica rock è un concetto inespresso. Altrimenti come si potrebbe giustificare l’utilizzo del Phurba? Parliamo di un pugnale rituale costituito da elementi naturali come il legno e il metallo, la cui struttura ha la funzione di assorbire energie negative subitamente processate al positivo.

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Non spaventatevi, durante l’esibizione nessuno ha trovato il tempo per sbadigliare, esiste anche la sezione ritmica, ottenuta grazie all’utilizzo del Nga, un tamburo i cui doppi lati possiedono un diametro variabile (dai cinquanta ai centottanta centimetri).

Siete ancora qui?

Nel caso la risposta fosse affermativa, bisognerebbe allora chiedersi che cosa abbia reso davvero indimenticabile la performance dei Phurpa. La reiterazione sonora e vocale perpetrata, ha ricondotto a un rituale esclusivo, nel quale l’oscurità di alcuni momenti ha soverchiato ogni ragionevole certezza; ma è stato soltanto un passaggio obbligato, orientato all’interno di “un viaggio” il cui transito celeste ha ricondotto il folto pubblico proprio alla luce.

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Durante la performance che cosa è avvenuto?

onde e vibrazioni positive sono state garantite anche mediante l’utilizzo della voce. I registri vocali scaturiti dal canto tantrico, hanno ricondotto a uno stato di beatitudine e di liberazione dalla condizione negativa; ogni sintomatica emozione è fluita attraverso il percorso cangiante della meditazione cantata.

Due parole sulla meravigliosa location. BDC è una magnifica chiesa sconsacrata situata nel cuore della cittadina ducale. un luogo che meriterebbe una visita a prescindere, va da sé che il concerto dei Phurpa, oltretutto gratuito, ha reso sicuramente appetibile l’evento, richiamando, come detto, un pubblico eterogeneo quanto numeroso. Si tenga presente che la performance è stata inserita all’interno di una manifestazione supportata da Endenocte, Il Rumore del Lutto; una rassegna unica nel panorama nazionale e internazionale, giunta alla sua undicesima edizione che si svolge nella città emiliana durante i giorni della commemorazione dei defunti (qui il programma conclusosi venerdì 3 novembre).

Marco Pipitone 

Foto a cura di Elisa Magnoni