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Clock DVA: la recensione del concerto


6/12/2017 ClockDVA @ Endenocte Dark Night c/o Mattatoio – Carpi (MO)
Ognuno di noi quando vede i propri beniamini dal vivo ha la speranza/desiderio di vederli eseguire il proprio brano preferito. Sound Mirror è il pezzo dei pezzi della formazione di Sheffield tratto da uno dei miei dischi da isola deserta, Buried Dreams del 1989. Figlio della seconda incarnazione del gruppo, quella elettronica/industriale. Insieme alla terza, quella attuale, con suoni sempre più definiti, è il serbatoio da cui attinge la scaletta dei loro attuali spettacoli dal vivo, notoriamente accompagnati da proiezione di immagini ad hoc.

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La risposta del pubblico è stata importante sia in quanto a numero di presenze che in quanto a partecipazione. Il giudizio sull’esibizione è stato invero discordante. Probabilmente la parte legata alla prima incarnazione del combo britannico, quella più influenzata dalle sonorità post-punk espresse in Thirst del 1981 e Advantage del 1983, li trova ora solo carini ma pesanti sulla lunga distanza.

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Non è così per quelli schierati nelle prime file (e anche per chi scrive) che ritengono il serio lavoro di ricerca di Adi Newton, una pietra miliare della musica elettronica attuale, con alcuni, evidenti punti di contatto con i maestri del genere, i Kraftwerk. Laddove però i tedeschi tendono alla produzione di melodie killer, forgiate nel bronzo, i Clock DVA hanno una variegata gamma di soluzioni che si muove tra l’ambient/IDM e la techno, sfiorandoli senza ma scadere nei luoghi comuni né dell’uno né dell’altro genere. Spaziando in una dimensione onirica che assume talvolta la veste del viaggio psichedelico.

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Non a caso ho registrato in un sondaggio estemporaneo tra gli entusiasti dello show, la presenza di termini quali ipnotizzato e il desiderio, di segno opposto a quello dei (chiamiamoli) detrattori, di protrarre più a lungo possibile, lo stato di benessere indotto dalla loro musica. E, nota personale, avrei auspicato un volume più alto per aumentare il coinvolgimento. Ma questa potrebbe essere una precisa scelta artistica di cui non conosco le motivazioni.

Fulvio Galvani

Foto by Elisa Magnoni

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